Allegretto Nuzi
(Fabriano 1320 ca. – 1373)
Madonna in trono con il Bambino
1372
Tempera su tavola, cm 167 × 96
Urbino, Galleria Nazionale delle Marche
inv. D 24
Iscrizioni: [H]OC OPUS PINXIT ALEGRITTUS NUTII DE FABRIANO ANNO MCCCLXXII (sulla base del trono della Vergine)
La tavola di Allegretto Nuzi, firmata e datata 1372, viene segnalata da Amico Ricci nel 1834 presso la raccolta di Alessandro Castrica a Fabriano, successivamente Joseph Archer Crowe e Giovanni Battista Cavalcaselle la registrano nel 1864, nella stessa città, presso la collezione della famiglia Fornari. Quest’ultima la vende nel 1914 allo Stato, che l’assegna alla neonata Regia Galleria Nazionale delle Marche.
L’opera arriva nel museo di Urbino menomata dell’originaria forma gotica, restituita solo nel ritaglio del trono e dei due personaggi, alloggiati in una tavola quadrangolare. Prontamente restaurata da Gualtiero e Riccardo De Bacci Venuti, il dipinto riacquista la sua forma cuspidata su imitazione di altre opere dello stesso artista (Lionello Venturi 1914).
Fabio Marcelli (1998, 2004) ritiene che il dipinto costituisse in origine il pannello centrale di un trittico, i cui scomparti laterali sono da identificarsi nelle due tavole del Museo diocesano di Fabriano, provenienti dall’abbazia di Santa Maria d’Appennino, raffiguranti rispettivamente i Santi Antonio Abate e Giovanni Evangelista e i Santi Giovanni Battista e Venanzio.
Attivo a Fabriano già nel 1345, Nuzi, dopo un soggiorno a Siena, è presente a Firenze dal 1346, dove rimane influenzato dalle opere di Bernardo Daddi e del suo ambito e dove stringe rapporti di collaborazione con Puccio di Simone, che lo segue nelle Marche a metà del secolo. La pittura toscana, sia senese, sia fiorentina, rimane viva nelle opere di Allegretto fino al 1365 circa. Da questa data il fabrianese matura un linguaggio originale che contraddistingue il suo ultimo periodo, nel quale l’opera di Urbino, realizzata un anno prima della sua morte, rappresenta uno dei vertici pittorici più alti.
In questa fase il pittore sviluppa una monumentalità che fa emergere le figure “dal fondo oro con un contorno tagliente, isolandole in una dimensione di solenne e arcana sacralità” (Sonia Chiodo 1998), vicina a quella del Polittico Strozzi del 1357 di Andrea Orcagna a Santa Maria Novella, anche se la bidimensionalità dei personaggi di Nuzi diventa il pretesto per dar libero sfogo alla sua creatività decorativa. Questo è evidente nella Madonna dell’Umiltà (1366) e nel trittico raffigurante la Madonna con il Bambino e i Santi Antonio Abate e Venanzio (1369) del Museo civico di Macerata, nel trittico con Sant’Agostino tra i Santi Nicola da Tolentino e Stefano della Pinacoteca civica di Fabriano e nella nostra Madonna in trono con il Bambino. Secondo Sonia Chiodo (1998) il “decorativismo quasi esasperato” di questi ultimi dipinti, in cui rientra il raffinato alternarsi dei colori blu, rosso, bianco e oro della tavola urbinate, non è lontano dalla pittura veneziana di Guglielmo, Paolo e Lorenzo Veneziano, presenti con le loro opere nelle Marche.
Andrea Bernardini