Madonna col Bambino benedicente e due angeli detta “Madonna di Senigallia”
21 marzo 2016
Ritratto di gentildonna, detto “La Muta”
21 marzo 2016

Lo Studiolo del Duca

Affacciato sull’ultima e più decorata loggia tra i due torricini, lo studiolo è l’ambiente più intimo del Palazzo e raffigura il ritratto interiore di Federico, la sua cultura, le sue scelte intellettuali ed estetiche.
Sebbene Carlo Bertelli ne postici la data, tradizionalmente lo studiolo viene riferito al 1476, anno che appare nell’iscrizione che glorifica il Duca al di sotto del sontuoso soffitto a lacunari. Quest’ultimo, opera di GIULIANO e BENEDETTO DA MAIANO, riporta emblemi e onorificenze di Federico, le stesse che ricorrono nelle sottostanti decorazioni.
Nella parte più alta dello studiolo si incontrano i 28 ritratti (oggi solo 14) degli Uomini Illustri attribuiti al fiammingo Giusto di Gand e a “Pietro Spagnolo”, riconosciuto da parte della critica in Pedro Berruguete. La loro presenza ha la funzione esemplare di ispirare il padrone di casa a imitarli nelle loro virtù. Originariamente erano inseriti in una doppia tribuna di bifore e accoppiati grazie al loro ambito di ricerca o professionale in un tacito dialogo di gesti. Nella tribuna inferiore si raffigurano personalità ecclesiastiche (dove appaiono anche i poeti cristiani Dante e Petrarca), in quella superiore le personalità laiche. L’ambivalenza tra sacro e profano o cristiano e pagano ricorre in tutta la decorazione dello studiolo e riappare nei due sacelli sottostanti (il Tempietto delle Muse e la Cappellina del Perdono) e quindi in Vaticano nella Stanza della Segnatura di Raffaello.
Nel 1631, con la morte di Francesco Maria II Della Rovere, ultimo Duca di Urbino, i territori del Ducato tornano alla Chiesa e il Legato Cardinale Antonio Barberini, nipote di Urbano VIII, preleva malamente i dipinti, mutilandoli in singoli ritratti e privandoli di gran parte delle iscrizioni. Le tavole passano nella collezione romana dei Barberini e rimangono insieme fino al 1812, quando 14 di esse passano alla famiglia Colonna di Sciarra che le vende al Marchese Campana. Nel 1861 vengono acquistate da Napoleone III per approdare nel 1863 al Louvre. I 14 dipinti rimasti in Italia ritornano a Urbino nel 1934.
Al di sotto dei dipinti tutto è rappresentato nella perfezione illusionistica della prospettiva intarsiata dei da Maiano. Sono raffigurate le tre Virtù Teologali, negli armadi e sui sedili sono simulate le serie degli oggetti che arredano solitamente gli studioli e che qui simboleggiano le virtù cardinali, le discipline del Trivium e soprattutto del Quadrivium, in sintonia con la cultura matematico-scientifica di Federico. Vi è ritratto anche il principe con veste da casa e lancia puntata a terra. Deposta l’armatura, simbolo della sua vita attiva, il Duca può dedicarsi nello studiolo all’otium, allo studio, alla contemplazione. Grande importanza è data alla musica con la presenza degli strumenti musicali, i più rappresentati tra gli oggetti, che rimandano alla tradizione pitagorica e platonica. Nella parete nord compare in un cartiglio la citazione dal libro IX dell’Eneide, “virtutibus itur ad astra” (per le virtù si giunge al cielo), che esemplifica il programma iconografico dello studiolo quale simbolo di un processo di perfezionamento interiore, che si raggiunge con la mediazione delle virtù e l’uso dell’intelletto.

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