Maestro della Croce di Mombaroccio
[Maestro dell’Incoronazione di Bellpuig]
(attivo nei decenni centrali del XIV secolo)
Incoronazione della Vergine, lunetta, cm 270 × 651
Assunzione della Vergine, lunetta, cm 238 × 659
San Matteo Evangelista con l’angelo e San Girolamo, vela, cm 444 × 360
San Gregorio Magno, cm 322 h
1343 ca.
Dipinti murali staccati
Urbino, Galleria Nazionale delle Marche
inv. DE 221
Dalla chiesa di San Domenico di Urbino
Quel che rimane dei dipinti murali trecenteschi della cappella maggiore della chiesa di San Domenico di Urbino, già noti a Luigi Serra nel 1932, strappati e trasferiti nella Galleria Nazionale delle Marche nel 1954 (Mazzini 2000), è stato oggetto di un interessante dibattito storico-artistico che ha avuto pieno sviluppo nella seconda metà del XX secolo.
Nei dipinti Serra ha ravvisato un richiamo alla pittura senese dei Lorenzetti; Franco Mazzini (1952) ha avvicinato le opere a una personalità della pittura umbra di tradizione senese, della cerchia di Luca di Tommè; il Soprintendente Giuseppe Marchini (1960) li ha attribuiti al catalano Ferrer Bassa. Ferdinando Bologna (1961), muovendo dallo studio di Marchini, data le opere al settimo decennio del secolo e le assegna all’inesistente “Antonius Magister”, il cui nome veniva letto nell’iscrizione invocativa quattrocentesca, poi rimossa, della Madonna dell’Umiltà della Galleria Nazionale delle Marche. Millard Meiss, dopo aver riferito a Ferrer Bassa il polittico dell’Incoronazione della Vergine della chiesa di Sant Nicolau a Bellpuig d’Urgell in Catalogna (1941), distrutto nel 1936, nel 1967 ritorna sui suoi passi comprendendo che una stessa mano ha realizzato sia l’opera catalana, sia i dipinti urbinati di San Domenico, da attribuirsi al Maestro dell’Incoronazione di Bellpuig.
Miklòs Boskovits (1969), pur datando i dipinti agli anni ’30 del ’300, confermava l’attribuzione a quest’ultimo artista e ne incrementava il catalogo con la Madonna dell’Umiltà della collezione Kisters a Kreuzlingen, precedentemente creduta di Lippo Memmi, e con la grande Croce dipinta del Santuario del Beato Sante a Mombaroccio (PU), oltre che con la Madonna dell’Umiltà della Galleria urbinate. Lo stesso studioso nel 1999, ampliandone ancora il corpus, arriva a supporre che l’anonimo pittore attivo a Urbino possa essere Ferrer Bassa.
Nel 2014 Mauro Minardi, attribuendo i dipinti al Maestro della Croce di Mombaroccio, identificato col Maestro dell’Incoronazione di Bellpuig, riesce a rispondere in via ipotetica a interrogativi inerenti l’iconografia dell’intero programma pittorico, la cronologia e la committenza. Lo studioso fa ricadere la realizzazione del ciclo negli anni ’40 del XIV secolo, per le relazioni stilistiche esistenti con la pittura senese dello stesso periodo o di poco precedente. Una datazione che si accorda anche con la moda del periodo, come attestano le ampie aperture degli scolli delle vesti degli angeli. Più specificatamente, Minardi pronuncia anche l’anno 1343, presente in un’iscrizione perduta durante le operazioni di ammodernamento del convento domenicano, avvenute a cominciare dall’800, posta all’entrata del refettorio e correlata a lavori o eventi da collegarsi al periodo in cui era vescovo a Urbino il domenicano fra Marco Roncioni da Pisa (1342-1347). Il prelato potrebbe aver commissionato il ciclo o “aver stimolato i padri domenicani a promuovere un’opera di tale mole”, richiedendo l’esecuzione di un artista di cultura senese, non nuova al pisano, visto che prima del suo incarico urbinate era priore del Convento di Santa Caterina a Pisa, “centro di una committenza che aveva visto operosi pittori senesi di primo rango”, quali Simone Martini e Lippo Memmi (Minardi 2014).
La maggioranza dei dipinti del ciclo è stata distrutta nella trasformazione settecentesca della chiesa e oggi si possono ammirare solo le parti che apparivano nella parte superiore della cappella, celate a lungo dalle strutture e decorazioni realizzate nel XVIII secolo. Da ciò che rimane, con la lunetta dell’Incoronazione della Vergine, posizionata sulla parete di fondo, e con quella molto frammentaria che raffigurava probabilmente l’Assunzione di Maria, a sinistra dell’Incoronazione, è evidente che il programma iconografico del ciclo sia dedicato alla Madonna, una scelta più volte adottata dagli ordini mendicanti. Delle quattro vele della cappella si è conservata, anche se non integralmente, solo quella con San Matteo Evangelista con l’angelo e San Girolamo, forse inserita sopra l’Assunzione della Vergine, che presentava un altro Santo a destra, non più visibile. Oltre a queste raffigurazioni compare anche il personaggio isolato di San Gregorio Magno, di cui non si conosce la posizione originaria, ma che sicuramente appariva in una delle vele, nelle quali si presentava l’associazione tra un evangelista, un dottore della chiesa e un terzo santo.
Stilisticamente i dipinti risentono della pittura eseguita dai Lorenzetti intorno agli anni 1340-1345. Da Pietro il pittore viene influenzato per la raffigurazione dei volti, con naso lungo terminante in una prominenza, incorniciati da “capelli divisi in ciocche ondulate cadenti sulle spalle”, anche se l’artista del ciclo domenicano preferisce adottare “fisionomie rotonde e carnose” (Minardi 2014). Il viso di San Matteo, come quello di alcuni santi della perduta Incoronazione di Bellpuig, da attribuirsi con ogni probabilità al Maestro della Croce di Mombaroccio, ricorda proprio certi profeti che Pietro Lorenzetti dipinge nella Basilica Inferiore di Assisi. Il volto della Vergine, “con mento prominente come un piccolo cucuzzolo, le labbra turgide e increspate”, riprende altri visi femminili dipinti dal senese, come ad esempio la Madonna con il Bambino di Montichiello, ora a Pienza, le ancelle della Natività della Vergine di Siena e la Madonna Loeser di Palazzo Vecchio a Firenze. Proprio da quest’ultima il pittore di San Domenico recepisce anche come dipingere le ombre del mento e del collo nelle figure dell’Incoronazione e in quella di San Gregorio Magno (Minardi 2014).
A parte l’angelo disposto frontalmente, a destra della Vergine, che cita nuovamente Pietro nella Santa Margherita già Perkins, in origine parte di un polittico assieme alla Madonna Loeser, “gli altri angeli, dai profili maggiormente puntuti, rivolti verso il gruppo centrale” dell’Incoronazione, riprendono quasi alla lettera il repertorio di Ambrogio Lorenzetti (si vedano i santi della Maestà di Sant’Agostino a Siena e quelli presenti nell’affresco della Madonna con il Bambino in trono tra angeli e santi, nell’Oratorio di San Galgano presso Montesiepi), sebbene il nostro tenda “a mitigare qualsiasi asperità grafica e forme acutangole a favore di contorni sciolti e curvilinei”.
Gli angeli musicanti dell’Assunzione obbediscono all’eleganza di Simone Martini, nella sua incompiuta e perduta Assunzione della Vergine dell’antiporto di Camollia a Siena, iniziata nel 1333 e replicata in varie tavole senesi, come quelle di Lippo Memmi a Monaco, di Bartolomeo Bulgarini della Pinacoteca di Siena o in quella berlinese del Sassetta, distrutta nel secondo conflitto mondiale. Sotto questo aspetto il dipinto urbinate va “quindi incluso nel novero delle filiazioni del dipinto perduto di Porta Camollia, in un’interpolazione affatto originale e in un contesto assai distante da Siena di elementi lorenzettiani e martiniani” (Minardi 2014).
Andrea Bernardini