Scultore delle Marche meridionali
Angelo annunciante e Vergine annunciata
ultimo quarto del XV secolo
Legno scolpito, intagliato, dipinto e dorato
cm 107 × 57 (angelo), cm 104 × 48 (Vergine)
Urbino, Galleria Nazionale delle Marche
inv. S 101
inv. S 102
Dalla chiesa di San Lorenzo di Rotella (AP)
Il gruppo ligneo dell’Annunciazione di Rotella è stato acquistato dallo Stato nel 1919 per la Galleria Nazionale delle Marche. Nel 1921 Luigi Serra ricorda che poco prima del prelevamento le due figure si trovavano nella canonica della parrocchiale del piccolo comune marchigiano, in pessime condizioni conservative, soprattutto per l’azione degli insetti xilofagi, i cui segni ne deturpano ancora oggi l’originaria armonia.
I due personaggi sono stati attribuiti, per lungo tempo, a un anonimo maestro inserito nella cultura figurativa abruzzese (L. Serra 1934; P. Zampetti 1963) e, ultimamente, sono stati riferiti a uno scultore influenzato dai linguaggi di Carlo e Vittore Crivelli e dell’Alamanno (Di Gennaro 2011). Per l’intaglio secco e spigoloso e per l’attenzione rivolta ai dettagli decorativi, che avvicinano il gruppo alla scultura germanica, si è anche supposto che l’artefice possa essere quel Pietro Todisco, a cui va riferito un Presepe ligneo a Norcia, appartenente alla piccola colonia di artisti teutonici operanti a fine ’400 in Italia centrale. L’autore responsabile del rivestimento pittorico, che sintetizza anch’esso i modi di Carlo Crivelli e dell’Alamanno, si inserisce “in quella vasta koinè culturale, fiorita tra Marche meridionali, alto Lazio e Abruzzo esemplificata dal cosiddetto Maestro della Madonna della Misericordia”, ricordato per l’Annunciazione della chiesa di Sant’Agostino di Amatrice, datata 1491 (B. Montevecchi 2019).
Le due figure, entrambe inginocchiate, interpretano come da copione i propri ruoli. L’arcangelo Gabriele, nell’atto di annunciare a Maria il destino che l’attende, ha perso il giglio che stringeva nella sinistra, le ali e la parte anteriore del piede sinistro. Il suo abito bianco è rimborsato in vita sotto una sottile cintola dorata e mostra un colletto nero con bordatura aurea; dalle sue spalle scende un manto anch’esso dorato che ricade sulla parte inferiore del corpo, da cui s’intravede la caviglia vestita da un calzare rosso. La Vergine, timorosa, con sguardo abbassato e mani incrociate sul petto, sebbene mutila della destra, indossa con semplice eleganza una tunica dorata e un manto blu.
La preziosità delle rifiniture – foglia d’oro sulle vesti e sulle chiome, decoro rabescato a fiorami, oggi appena percepibile, sul retro della Vergine – ha permesso a Benedetta Montevecchi (2019) di avvicinare l’esecuzione del gruppo all’arte orafa locale. Questo è ancora più evidente nel diadema sottile, tuttora riconoscibile, che circonda il capo dell’arcangelo e che riportava in origine una gemma nella parte anteriore. Un esempio simile è documentato dall’arcangelo dipinto da Carlo Crivelli nell’Annunciazione di Ascoli Piceno del 1486, conservata alla National Gallery di Londra, del tutto simile nel vestiario, nella chioma e nell’impostazione all’arcangelo di Urbino.
Andrea Bernardini