STORIA DELLA FAMIGLIA MONTEFELTRO

Federico di Montefeltro

Figlio naturale del Conte Guidantonio di Montefeltro, Federico nasce a Gubbio nel 1422 ed è legittimato da papa Martino V nel 1424. Con la nascita del fratellastro Oddantonio (1427) viene allontanato dalla corte e affidato alla colta Giovanna Alidosi, Signora di Sant’Angelo in Vado e Mercatello; la cui figlia Gentile diventa moglie di Federico nel 1437.
Nel 1433 Federico è mandato come ostaggio a Venezia al fine di garantire la pace tra papa Eugenio IV e il duca di Milano Filippo Maria Visconti, alleato di Guidantonio. L’allontanamento dall’ambiente urbinate sarà propizio a Federico, soprattutto quando, a causa dell’insorgere della peste a Venezia, viene trasferito a Mantova presso i Gonzaga, dove frequenta la Ca’ Zoiosa di Vittorino da Feltre. Questa è una scuola all’avanguardia, dove, attraverso l’esempio dei grandi uomini dell’antichità, i giovani apprendono i valori di lealtà ai quali un principe deve sempre sottostare. La didattica di Vittorino dà importanza alla frugalità, alla sobrietà, all’autodisciplina, alla responsabilità sociale e alle attività ginniche. Si insegnano le materie del Trivium (Dialettica, Grammatica, Retorica) e soprattutto quelle del Quadrivium (Astronomia, Musica, Aritmetica, Geometria), fondamentali per la formazione intellettuale di Federico e per l’indirizzo culturale della futura corte.

A 16 anni, Federico inizia il mestiere delle armi guidando la compagnia di ventura paterna, e nel tempo arriverà ad assumere la carica di Comandante della Lega italica. Il 23 luglio 1444, dopo l’assassinio del Duca Oddantonio, Federico entra a Urbino e viene acclamato dal popolo Signore, ma solo nel 1447 papa Nicolò V lo proclama Vicario della Chiesa autorizzandolo a prendere possesso dell’abitazione dei Montefeltro. Nel 1474 Sisto IV gli conferisce i titoli di Duca e di Gonfaloniere di Santa Romana Chiesa, mentre il re di Napoli Ferdinando I d’Aragona e il re d’Inghilterra Edoardo IV gli concedono rispettivamente le onorificenze del Collare d’Ermellino e dell’Ordine della Giarrettiera, segno del suo grande apprezzamento dentro e fuori i confini italiani.
Consapevole della precarietà a cui sono soggetti i Vicari della Chiesa, Federico opera un’attenta politica estera alleandosi con gli altri Stati italiani, capaci di proteggere il Signore dalle mire accentratrici della Chiesa, come anche dalle piccole oligarchie locali. In politica interna realizza il “buon governo”, che si fonda su un’amministrazione rapida della giustizia e soprattutto sulla possibilità di concedere lavoro a tutti e di tassare il meno possibile la popolazione.
Le rendite derivate dalle campagne militari di Federico, al servizio di Papi e Principi, sono la maggiore entrata nello Stato e servono a promuovere la cultura anche per fini propagandistici. Richiamando a corte gli intellettuali e gli artisti più famosi dell’epoca, ampliando e abbellendo la propria dimora, commissionando dipinti, sculture, arazzi, codici e arricchendo con infrastrutture e architetture il proprio Stato, Federico glorifica il suo ruolo di Principe umanista.

Ottaviano Ubaldini, Battista Sforza, Guidubaldo di Montefeltro.

Le scelte culturali e politiche della corte urbinate, sono frutto tanto della persona di Federico quanto il risultato della collaborazione di personalità eccezionali come Battista Sforza e Ottaviano Ubaldini della Carda.

Quest’ultimo, figlio di Bernardino, Capitano di Ventura al servizio di Guidantonio di Montefeltro, e di Aura, figlia naturale dello stesso Guidantonio, nasce a Gubbio intorno al 1423.
Quasi coetanei e legati da vincoli di parentela, Federico e Ottaviano si considerano e si chiamano “fratelli”, frequentandosi da bambini fino al 1432, anno in cui l’Ubaldini viene inviato a Milano per la riconciliazione fra il padre e il duca Filippo Maria Visconti.
Formatosi culturalmente alla corte milanese, dove apprende l’astrologia e l’alchimia, Ottaviano diventa consigliere di Filippo Maria. Lascia Milano nel 1447 in seguito alla morte del Visconti, per trasferirsi a Urbino da Federico che lo reclama dal 1444.
Il loro rapporto è dato dalla piena collaborazione che durerà per tutta la vita del duca ed è basato sulla fiducia e sulla naturale divisione dei compiti. I due infatti studiano ed esaminano i problemi di politica interna ed estera: le decisioni vengono prese da Federico e messe in atto da Ottaviano. Il principale compito è la cura del governo e dell’amministrazione; egli si adopera altresì nell’organizzare una corte efficiente, scegliendo le persone secondo i meriti e le competenze.
Con la morte di Federico (1482) Ottaviano diventa reggente del Ducato di Urbino, adoperandosi come un padre nell’educare il piccolo Guidubaldo di Montefeltro, il successore che Federico ha avuto dalla seconda e amata moglie Battista Sforza.

Nata nel 1446 e primogenita del Signore di Pesaro Alessandro Sforza e di Costanza Varano, Battista rimane orfana di madre a 18 mesi. Già a 3 anni inizia a imparare il latino, insegnato alla corte pesarese come lingua viva. A 4 anni è a Milano nella corte dello zio Francesco Sforza e della consorte Bianca Maria Visconti. A 12 anni Battista ritorna in patria assumendo il ruolo di Signora nella corte pesarese.
Il suo temperamento deciso e la sua alta cultura, appresa sotto la guida dell’umanista Martino Filetico, la fanno conoscere e apprezzare in tutte le corti italiane. Nel 1459 viene sancito a Mantova il patto matrimoniale tra il trentasettenne Federico e la tredicenne Battista. I due si sposano l’8 febbraio 1460. Il loro matrimonio è costellato dalle obbligate assenze di Federico, durante le quali Battista lo sostituisce al governo, occupandosi dello sviluppo culturale della corte e dei cantieri del Palazzo in costruzione.
La giovane Battista muore nel 1472, lasciando Federico nell’estremo dolore, con tante figlie e l’ultimo genito appena nato Guidubaldo.

Come il padre è un uomo di guerra, ma ancora più del padre Guidubaldo è un uomo di cultura. La sua corte, tenuta insieme alla raffinata moglie Elisabetta Gonzaga di Mantova, viene ritratta da Baldassar Castiglione nel suo Libro del Cortigiano, dove appare l’indovinata frase sulla dimora dei Montefeltro: “una città in forma di palazzo”. A causa della sua salute compromessa, Guidubaldo non lascia eredi, ma adotta il figlio della sorella Giovanna: Francesco Maria I della Rovere che diverrà il IV duca di Urbino.